
VIPASSANA – Nell’antica lingua indiana, pali, vipassana significa “vedere le cose in profondità, come realmente sono”. E’ una delle tecniche più antiche di meditazione. Fu insegnata da Buddha più di 2500 anni fa come metodo universale per uscire da ogni tipo di sofferenza. Vipassana realizza la visione profonda. Attivare il discernimento, investigare sui meccanismi mentali e sugli “fattori” importanti della nostra esistenza. I metodi fondanti di vipassana sono le quattro applicazioni dell’attenzione: al corpo, alle sensazioni, alla mente (stati e processi mentali) e agli oggetti mentali (fenomeni) per conseguire una visione profonda della natura di questi elementi nella nostra esistenza. Vipassana è un modo per trasformare sé stessi attraverso l’osservazione di sé stessi. “Essa si prefigge una graduale depurazione della mente da quel capillare inquinamento prodotto da avversione, attaccamento e confusione mentale, ossia dalle cause fondamentali del disagio esistenziale. In questo modo diventa possibile sviluppare, altrettanto gradualmente, la chiarezza mentale e il calore del cuore.” (Corrado Pensa)
Mindfulness – Meditazione di consapevolezza
Questa meditazione origina dalla pratica buddista della vipassana, visione profonda.
La meditazione di consapevolezza è una meditazione che si basa sulla presenza: essere consapevoli. Essere consapevoli vuol dire essere svegli, essere vigili, non giudicanti, in una condizione di morbidezza, di non rigidità.
Quindi presenza del corpo, del respiro, delle sensazioni del corpo, delle percezioni, dei pensieri e delle sensazioni della mente, presenza della coscienza.
Si comincia con l’educare la mente con la meditazione di concentrazione (samatha). Si lavora per rendere la mente stabile, tranquilla e pacificata, per poi portarla ad osservare ciò che sorge e poi svanisce.
Si impara quindi ad indagare, ad osservare il corpo e tutto ciò che il corpo ci rimanda, il dolore e il piacere per esempio, si impara ad osservare le sensazioni del corpo, i pensieri e le immagini mentali; lo scorrere dei pensieri e l’attività delle emozioni. Osservare e riconoscere i processi mentali.
Si impara a sostenere tutto ciò, ad accoglierlo senza giudizio e poi lasciarlo andare, al fine di evitare che la sofferenza invada e sovrasti la nostra mente.
Meditazione analitica
Possiamo considerare questa meditazione vicina e simile alla vipassana. Tipica del buddismo tibetano consiste nel portare l’attenzione su un tema, prescelto dal praticante, o caratteristico del percorso buddista, o esistenziale o all’interno di un processo che il praticante sta realizzando. Quindi esaminarlo attraverso linee di ragionamento, con consapevolezza guardare i nostri preconcetti insieme alle aspettative che ne derivano, che sono la causa di sofferenza. Analizzare senza permettere alla mente di distrarsi dall’oggetto prescelto, come se assumesse il ruolo di parte e di controparte.
Oggetti centrali di tale pratica sono l’impermanenza, la vita umana, la sofferenza, la morte, l’attaccamento, la vacuità
Meditazione sui 4 bramavihara
Anche queste sono considerate meditazioni analitiche, perchè si lavora per far assumere alla mente o riattivare nella mente, la qualità positiva, virtuosa che abbiamo prescelto. I 4 bramavihara, o 4 dimore divine, o 4 incommensurabili (il nome cerca di evidenziare l’importanza dei 4 sentimenti) sono: la gentilezza amorevole (metta), la compassione (karuna), la gioia compartecipe (mudita), l’equanimità (upekkha). Si lavora sulla ripetizione di frasi specifiche, già formate e indicate dall’insegnante, o coniate dal praticante al momento. Ascoltare quindi ciò che sorge durante e dopo tali ripetizioni, quale risposta silenziosa arriva dalla mente. La finalità non è quella di fare bene l’esercizio e diventare più buoni, almeno nell’immediato, ma quella di osservare ciò che emerge e affiora nella mente, accoglierlo consapevolmente, senza giudicare e poi lasciarlo andare.
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